Archivio mensile:novembre 2016

L’elefante e la storia

Carissimo Delio,
io non so se l’elefante può (o poteva) evolversi fino a diventare sulla terra un essere capace, come l’uomo, di dominare le forze della natura e di servirsene per i suoi propri fini – in astratto. Concretamente l’elefante non ha avuto lo stesso sviluppo dell’uomo e certo non l’avrà piú perché l’uomo si serve dell’elefante, mentre l’elefante non può servirsi dell’uomo, neanche per mangiarselo. Ciò che pensi della possibilità dell’elefante di adattare le sue zampe per il lavoro pratico non corrisponde alla realtà: infatti l’elefante ha come elemento «tecnico» la proboscide e dal punto di vista «elefantesco» se ne serve a maraviglia per strappare alberi, per difendersi in certe circostanze ecc. – Tu mi avevi scritto che ti piaceva la storia e cosí siamo giunti alla proboscide dell’elefante. Io credo che per studiare la storia non bisogna troppo fantasticare su ciò che sarebbe successo «se»… (se l’elefante si fosse drizzato sulle zampe posteriori per dare maggior sviluppo al cervello, se… se…; e se l’elefante fosse nato con le ruote? sarebbe stato un tranvai naturale! e se avesse avuto le ali? Immagina un’invasione di elefanti come quella delle cavallette!). È già molto difficile studiare la storia realmente svoltasi, perché di una gran parte di essa si è perduto ogni documento; come si può perdere il tempo a stabilire ipotesi che non hanno fondamento? E poi nelle tue ipotesi c’è troppo antropomorfismo. Perché l’elefante doveva evolversi come l’uomo? Chissà se qualche saggio vecchio elefante o qualche giovinetto ghiribizzoso elefantino, dal suo punto di vista, non fa delle ipotesi sul perché l’uomo non è diventato un proboscidato! Aspetto una tua lunga lettera su questo argomento. Qui non ha fatto molto freddo eppoi quest’anno io non soffro per il freddo come gli anni scorsi. Ci sono sempre dei fiori sbocciati. Non ho con me nessun uccelletto ma vedo sempre nel cortile due coppie di merli e i gatti che si appiattano per prenderli; ma i merli non pare se ne preoccupino e sono sempre allegri ed eleganti nelle loro mosse.

Ti abbraccio.

папа

Il pappagallo e il cagnolino

Caro Delio,
perché non mi parli del tuo pappagalletto? È ancora vivo? Forse non ne parli piú perché io, una volta, ho osservato che ne parlavi sempre? Allegro Delio! Tatanička vuole che io ti scriva che alla tua età avevo un cagnolino e che ero diventato mezzo matto per la contentezza di averlo. Vedi! È vero che un cane (anche se piccolo, piccolo) dà molte piú soddisfazioni di un pappagallo (ma tu forse credi il contrario), perché gioca con il padrone, si affeziona… Il mio si vede che era rimasto un cane-bambinello, perché, per mostrarmi il massimo del suo entusiasmo, si metteva sulla schiena e si faceva la pipi addosso. Quante insaponature! Era proprio piccolo tanto che non riuscí per molto tempo a salire i gradini delle scale, aveva il pelo nero e lungo e sembrava un barbone in miniatura. Io lo avevo tosato come un leoncino, ma non era obbiettivamente bello, anzi era piuttosto brutto, brutto assai, adesso che ci penso. Ma come mi faceva divertire e come gli volevo bene! Il mio gioco favorito era questo: quando andavamo a passeggio in campagna, lo mettevo su un sasso sporgente e mi allontanavo senza che lui, che mi guardava e mugolava, osasse saltare. Io mi allontanavo a zig- zag, poi mi nascondevo in un fosso o in una cunetta. Il cane prima strillava, poi riusciva a trovare il modo di scendere e correva in caccia: questa mi divertiva, perché il poveretto, che allora, d’altronde, era ancora molto giovane, guardava latrando dietro tutte le pietre, si affacciava alle piccole (ma grandi per lui) fosse e impazziva perché io mi spostavo lestamente dopo averlo chiamato. Che feste, quando finalmente mi facevo ritrovare! E che abbondanza di pipí! Caro, adesso mi scriverai del pappagalletto?

Ti abbraccio.

Papà

Lettere dal carcere

Studiare è difficile

Carissimo Giuliano,

ti faccio tanti auguri per l’andamento del tuo anno scolastico.

Sarei molto contento se tu mi spiegassi in che consistono le difficoltà che trovi nello studiare. Mi pare che se tu stesso riconosci di avere delle difficoltà, queste non devono essere molto grandi e potrai superarle con lo studio: questo non è sufficiente per te? Forse sei un po’ disordinato, ti distrai, la memoria non funziona e tu non sai farla funzionare? Dormi bene? Quando giochi pensi a ciò che hai studiato o quando studi pensi al gioco? Ormai sei un ragazzo già formato e puoi rispondere alle mie domande con esattezza.

Alla tua età io ero molto disordinato, andavo molte ore a scorrazzare nei campi, però studiavo anche molto bene perché avevo una memoria molto forte e pronta e non mi sfuggiva nulla di ciò che era necessario per la scuola: per dirti tutta la verità debbo aggiungere che ero furbo e sapevo cavarmela anche nelle difficoltà pur avendo studiato poco. Ma il sistema di scuola che io ho seguito era molto arretrato; inoltre la quasi totalità dei condiscepoli non sapeva parlare l’italiano che molto male e stentatamente e ciò mi metteva in condizioni di superiorità perché il maestro doveva tener conto della media degli allievi e il saper parlare l’italiano era già una circostanza che facilitava molte cose (la scuola era in un paese rurale e la grande maggioranza degli allievi era di origine contadina).

Carissimo, sono certo che mi scriverai senza interruzione e mi terrai al corrente della tua vita.

Ti abbraccio.

Papà